Stellar Blade Un'esclusiva PS5 che sta facendo discutere per l'eccessiva bellezza della protagonista. Vieni a parlarne su Award & Oscar!
 
Pagina precedente | 1 2 | Pagina successiva

La cavalleria nel XV secolo

Ultimo Aggiornamento: 20/05/2022 10:47
Autore
Stampa | Notifica email    
OFFLINE
Post: 454
Città: PESCIA
Età: 31
Sesso: Maschile
20/10/2019 15:21

[…] et cosí fo necessario essere a le mane et feci venire inanci doe altre squadre ultra quelle quattro, ma alcuno di nostri, credendosi fare bene, andava cridando fra li nostri: «squadre! squadre!» per modo che’l fe’ passare de llà dalfosso piú squadre che non seria bisognato et le fece mettere l’una sotto l’altra
Alessandro Sforza, lettera a Francesco Sforza sui fatti di San Flaviano del 22 luglio 1460

I Le squadre

Nel Xv secolo l’unità organizzativa di base della cavalleria era la lancia, la cui introduzione in Italia sembra sia da attribuire alla Compagnia bianca dell’Acuto. In essa il cavaliere, pesantemente armato, era affiancato da un numero variabile di ausiliari a cavallo: secondo Chiericati, “genaraliter li hominidarme possono servire cum tri, quattro over cinque cavalli” (https://legaitalica1454.files.wordpress.com/2017/09/il-trattatello-della-milizia-di-chiereghino-chiericati.pdf).

In ogni caso, a prescindere dall’organizzazione del seguito di ciascun uomo d’arme, l’unità tattica minima e imprescindibile dei reparti di cavalleria era senza dubbio la squadra: in essa venivano raggruppati tutti gli uomini d’arme di un certo numero di lance. Sempre Chiericati consiglia, per quanto riguarda le lance spezzate, di riunirne 25 in una squadra, per poi affidare 4 o 5 squadre a un capitano, “uno valente, experto galiardo homodarme veternao”.

A capo della squadra vi era uno squadrero: il suo ruolo era sostanzialmente quello di comandare in battaglia i 24 uomini cui era stato preposto, spesso con una certa autonomia operativa. Interessanti gli aneddoti riportati da F.Storti nel suo saggio “La «novellaja» mercenaria. Vita militare, esercito e stato nella corrispondenza di commissari, principi e soldati del secolo XV”, leggendo il quale possiamo conoscere l’importanza del ruolo rivestito da questi personaggi, che spesso si ritrovavano a dover supplire alla difficoltà di trasmissione degli ordini durante la battaglia.

A quest’ultimo proposito, se da una parte non sia può non notare come unità di 25 uomini non costituiscano certo un unicum (si vedano le conrois normanne) nella storia militare medievale (e antica), dall’altra può stupire come esse non fossero inquadrate in reparti ordinari più grandi, per facilitarne il comando.

Senza voler risalire alla turma romana, composta da 30 equites e inquadrata in alae di 16 turmae (per quanto riguarda la alae quingenarie), è molto ineressante constatare come già la cavalleria di molti Comuni fosse inquadrata in venticinquine, a loro volta riunite sotto il gonfalone del quartiere. Si veda, a questo proposito, il saggio di F. Bargigia “L'esercito senese nei più antichi libri di Biccherna” (https://www.academia.edu/6961472/Lesercito_senese_nei_pi%C3%B9_antichi_libri_di_Biccherna_1226-1231_), da cui emerge che le venticinquine di cavalleria, al contrario di quelle della fanteria, erano dotate ognuna di una propria bandiera e dovevano avere pertanto un certo margine di autonomia tattica, per quanto circoscritta nell’ambito del proprio gonfalone di riferimento.

II Il colonnello

Nel XV secolo, invece, avere conferma che la la squadra facesse riferimento a reparti maggiori non è semplice, anche se parrebbe confermato da varie fonti. Si trova a volte la menzione di Squadroni, sulla cui natura v. infra (si veda ancora F.Storti, La «novellaja» mercenaria. Vita militare, esercito e stato nella corrispondenza di commissari, principi e soldati del secolo XV).

Molto utile sarebbe conoscere l’utilizzo ed il numero complessivo dei vessilli in quest’epoca, dato che in età comunale questi erano strettamente connessi ai reparti e al loro impiego tattico: sappiamo per certo che le bandiere di cavalleria del XIV secolo, antenate della squadra quattrocentesca, avevano ciascuna un proprio vessillo, così come i loro colleghi del XIII secolo. Non so però se 1) anche nel XV secolo le squadre continuassero ad avere ciascuna una propria bandiera e 2) se esistessero vessilli riconducibili a reparti maggiori, magari proprio a quei "valenti capitani" cui Chiericati consiglia di affidare diverse squadre. Nella Familia Ducale milanese mi sembra sia possibile delineare proprio questa situazione (v. infra).

Nella seconda metà del Xv secolo, comunque, almeno in ambito aragonese (anche se ne parla pure Piero Pieri, almeno per la cavalleria e dal 1470, in ambito milanese (https://legaitalica1454.files.wordpress.com/2015/07/le-milizie-sforzesche-1450-1534.pdf).), le ricerche di F. Storti (https://www.academia.edu/26740087/F._Storti_-_Fanteria_e_cavalleria_leggera_nel_Regno_di_Napoli_XV_secolo_), confermano la nascita per la cavalleria (e per la fanteria) di reparti denominati "colonnelli", composti in genere da 8 a 10 squadre.

In ogni caso l'esatta natura dei colonnelli presenta gli interrogativi che seguono.

1) dalla lettura delle fonti primarie riportate dall'autore i colonnelli sembrano reparti, come si direbbe oggi, "monoarma", ossia piuttosto omogenei: vi sono i colonnelli di "homeni d'arme" e poi quelli di fanti "provisionati". Orso Orsini, però, nel suo Governo et exercitio della militia, suggerisce che all'interno del medesimo colonnello vi fossero sia fanti che cavalieri (francamente, le due cose potrebbero anche conciliarsi), conciò assimilandoli di fatto alle Compagnie d'ordinanza d'oltralpe.


2) Dall'esame delle fonti coeve, almeno fino alla battaglia di Agnadello, si riscontra una corrispondenza biunivoca fra i colonnello e la battaglia/schiera (cioè ogni colonnello va a costituire una singola battaglia/schiera) (v.infra) e questo ci porta al prossimo punto.

III "squadroni" e IV "battaglie"

quello che segue è sostanzialmente un'ipotesi ricostruttiva, frutto di ricerche personali. Ulteriori ricerche sarebbero necessarie, possibilmente andandosi a leggere le fonti d'archivio. Tutto sommato, mi sembra che come itpotesi sia piuttosto solida, ma si sa, "ogni scarrafone..."

III Gli squadroni

"Equitatum deinde omnem centum in ordines partitur, quibus ex omnibus duegentos egrege ornatus elegit equites [...]. Hos item duas in partes dividit subsidiarasque cohortes appellat"
G. Simonetta, Rerum gestarum Francisci Sfortiae Mediolanensium ducis commentarii, pag. 364

"Subitamente ueni uerso San Benedetto tre isquatre in un squatrono e de adosso a la gente del duca. El facto d' arme è grande : de' feriti e morti ue n' era assae, e caualli guasti sì de la gente nostra corno de Pandolfo Malatesta"
L. Cobelli, Cronache Forlivesi, pag. 168


Secondo Nadia Covini (la cui tesi è corroborata da altre fonti), autrice de "L'esercito del Duca (liberamente reperibile in rete), "si usava abbinare più squadre di cavaleria e di fanteria che formavano degli squadroni più grossi". Tali formazioni, secondo l'autrice, potevano essere anche miste, cioè contenenti sia squadre di fanti che di cavalieri (tale promiscuità si ritrova anche nei colonnelli, a volte).

Sembrerebbe, peraltro, che non tutto l'esercito venisse diviso in squadroni, ma che solo alcune squadre venissero raggruppate in tal modo (cfr. N. Covini, L'esercit0 del Duca, pag. 386).

Peraltro Covini sottolinea come tali raggruppamenti venissero formati soltanto in vista di particolari campagne (talvolta in vista delle battaglie stesse, aggiungerei io) e non erano la "forma" organica dell'esercito in tempo di pace.

Se ci pensiamo, ciò ha perfettamente senso: erano eserciti di professionisti mercenari, per cui i comandanti non sapevano in anticipo su quante e quali forze avrebbero potuto fare affidamento, al contrario di quanto poteva avvenire per gli eserciti "territoriali" della milizia comunale, ripartiti stabilmente in gonfaloni. Per cui si capisce come mai si preferisse formare piccole squadre per poi unirle al momento del bisogno.

Lo squadrone pertanto emerge dalle fonti come un'entità tattica fortemente malleabile, costituita da un numero variabile di squadre riunite insieme con uno stesso compito tattico (in questo è simile alla "battaglia", v. infra): talvolta costituisce un raggruppamento di due sole squadre di cavalleria, oppure può presentarsi come reparto più grande (N. Covini, L'esercit0 del Duca, pag. 386): per gli autori della fine del secolo e dell'inizio del cinquecento, addirittura il termine indica la "battaglia": "Et è da sapere che sempre Francesi in loro battaglie suol fare tre soli squadroni di tutto lo esercito: il primo chiamano antiguardia, il secondo la battaia, el terzo retroguardia" (M.Sanudo, La Spedizione di Carlo VIII. in Italia raccontata da Marin Sanudo).

Sicuramente tale aspetto degli squadroni meriterebbe un approfondimento da parte degli storici: talvolta viene descritto come unione di poche squadre e pertanto sembrerebbe un'articolazione interna alla battaglia, intermedia fra questa e la squadra (ma in effetti anche la "battaglia" poteva essere alle volte piuttosto piccola); altre volte, specie a fine secolo, appare chiaramente come una grande unità del tutto sovrapponibile alla "battaglia": a Fornovo l'esercito della coalizione italiana schiera un paio di squadroni con alcune migliaia di fanti ciascuno e sappiamo che le suddette fanterie erano a loro volta articolate in colonnelli (M.Sanudo, La Spedizione di Carlo VIII. in Italia raccontata da Marin Sanudo). Non escludo pertanto che il significato del termine possa essersi evoluto con il tempo, andando via via a sovrapporsi con quello di "battaglia"

IV Le battaglie

et con alegro animo gridando 'Battaglia et Marçocho'
ci partimo colle squadre da battagle ordinate»

dal diario di Luca de Maso degli Albizi, citato in P.Pertici, Condottieri senesi e la Rotta di San Romano


Ivi fece tre battaglie ovvero schiere
G. Villani, Cronica

Concludiamo infine questo percorso di "organica militare" quattrocentesca con quello che era il reparto più grande (nonché più risalente nel tempo): la "battaglia" o "schiera".

Lo schieramento degli eserciti in battaglie è pressoché una costante di tutta l'età medievale. In genere erano tre (si pensi a Crecy), ma non c'era una regola precisa, potevano essere anche di più. Si trattava di reparti creati ad hoc, spesso in vista della battaglia e non avevano una consistenza fissa, ma venivano "assemblati" utilizzando i reparti minori: i gonfaloni nell'Italia comunale, i conroi nella Francia del 1200 o i banneret dell'esercito inglese durante la guerra dei cent'anni. Possono essere viste come delle falangi più o meno autonome, ognuna con ruolo tattico (molto comune era ad esempio l'utilizzo di una battaglia di riserva).

Il passo dell'Albizzi sopra citato è abbastanza chiaro: nell'Italia quattrocentesca, queste "divisioni" ante litteram venivano create unendo fra loro più squadre.

In genere, sul ruolo delle schiere nell'Italia medievale consiglio Rapine, assedi, battaglie di A. Settia.

Abbiamo poi detto sopra che all'inizio del secolo successivo il termine "squadrone" è inequivocabilmente sinonimo di "battaglia"

Conclusioni

Tirando finalmente le somme, l'idea che mi sono fatto (e che potrebbe essere completamente errata) sull'organizzazione tattica dei reparti di cavalleria (per la fanteria vale più o meno lo stesso discorso) del XV secolo è la seguente.

Le squadra, elemento imprescindibile e nucleo tattico primario, veniva inquadrata in una battaglia, il reparto più grande in un esercito medievale, di dimensioni assai variabili e dipendenti dalla numerosità dell'esercito, riproponendo un sistema identico a quello degli eserciti trecenteschi o duecenteschi (se si esclude l'esperienza italiana dei gonfaloni). All'interno delle battaglie, la squadra manteneva una certa autonomia tattica e operativa, che peraltro pare caratterizzasse la scuola Braccesca.

Almeno dalla metà del secolo (ma forse esistevano già anche prima) troviamo attestati gli squadroni, gruppi di squadre che operano assieme: tale termine, verso la fine del secolo, indica inequivocabilmente la "battaglia", per lo meno in alcuni autori, mentre in precedenza lo troviamo attestato per indicare aggregazioni di poche squadre.

Dagli anni sessanta compaiono, dapprima nell'esercito Aragonese, i Colonnelli (o colunelli), attestati in genere dalle 4-5 squadre fino alla decina. Non vengono costituiti in pendenza dello scontro campale ma presentano una struttura più stabile, probabilmente espressione di un potere pubblico che diventa sempre più capace di organizzare e programmare l'aspetto militare.
I colonnelli (ma la seguente è una mia supposizione, non ho ancora trovato fonti al riguardo) potevano a loro volta essere inquadrati in battaglie, come i gonfaloni comunali (di simile consistenza numerica) o come le Compagnie d'ordinanza borgonone (che poi non sono altro che il corrispettivo transalpino dei colonnelli!) a Grandson, o come le faterie italiane a Fornovo; oppure essere del tutto autonomi.

Tutto sommato, quello che emerge è un quadro in trasformazione rispetto a quello trecentesco, dove agli aspetti di continuità si affiancano anche evidenti tentativi di sperimentazione, lontanissimo da quel mondo che una pigrissima e sciatta storiografia, evidentemente assai digiuna di solide nozioni in materia, vorrebbe dipingerci come fondato su princìpi e prassi ormai antiquate.

Quanto di ciò che ho scritto sulla cavalleria sia applicabile anche alla fanteria del periodo sarà oggetto di un futuro articolo.

Francesco Guidi
[Modificato da Francesco Forel 20/05/2022 10:47]
Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 2 | Pagina successiva
Nuova Discussione
 | 
Rispondi
Cerca nel forum
Tag discussione
Discussioni Simili   [vedi tutte]

Feed | Forum | Bacheca | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 19:49. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com